domenica 29 gennaio 2012

Pogrom



Pogrom è un termine storico di derivazione russa (Погром), che significa letteralmente "devastazione" con cui vengono indicate le sommosse popolari antisemite, e i conseguenti massacri e saccheggi, avvenute in Russia al tempo degli Zar, tra il 1881 e il 1921, con il consenso – se non con l'appoggio – delle autorità. Il termine ha poi assunto il valore di "persecuzione sanguinosa di una minoranza" in maniera decontestualizzata, nel tempo e nello spazio. In questo senso, il primo pogrom contro il popolo ebraico è quello compiuto nel 38 d.C. ad Alessandria d'Egitto.
Dopo numerosi episodi avvenuti nel corso del Medioevo, i primi veri e propri pogrom dell'età contemporanea furono attuati nel 1881 in seguito all'assassinio dello zar Alessandro II. Un paio di decenni dopo, con il fallimento della rivoluzione russa (1905), circa seicento fra villaggi e città furono al centro di pogrom; un massacro ai danni della popolazione ebraica si era già avuto nel 1903 a Kišinev (oggi Chişinău, Moldavia). Sebbene tali «spedizioni punitive» fossero accreditate come reazioni spontanee della popolazione verso gli usi religiosi ebraici, sembra certo che esse furono volutamente organizzate dal governo zarista per convogliare verso l'intolleranza religiosa e l'odio etnico la protesta di contadini e lavoratori salariati sottoposti a dure condizioni di vita. Anche nella guerra civile susseguente alla rivoluzione bolscevica del 1917 furono attuati in Ucraina dai capi delle Armate bianche numerosi pogrom che causarono centinaia di migliaia di vittime.
Vengono inoltre definiti pogrom una serie di massacri di cittadini armeni eseguiti dai Curdi tra 1895 e 1896 su precisa volontà dell'impero Ottomano, cui le organizzazioni indipendentiste armene risposero con atti terroristici, peggiorando ulteriormente la propria posizione. Con il mutamento al vertice di Istanbul, quando presero il potere i "giovani turchi", sembrò che il periodo dei pogrom fosse finito per gli Armeni, ma con la guerra mondiale la situazione cambiò bruscamente, e i pogrom si trasformarono da fenomeno locale e sporadico in un organizzato e sistematico massacro.
Un pogrom accompagnò anche – nella Notte dei cristalli – l'inizio della campagna antiebraica nazista che portò alla Shoah.
Durante le prime tre settimane della seconda guerra mondiale 250.000 furono gli ebrei vittime di pogrom scatenati dai cittadini polacchi approfittando del caos generale durante l'invasione tedesca.
Numerosi furono anche i pogrom successivi alla seconda guerra mondiale ai danni dei sopravvissuti della Shoah, o di minoranze cristiane in terra islamica (pogrom di Istanbul); l'episodio più noto è il pogrom di Kielce del 1946, legato all'accusa del sangue della propaganda antisemita.



Con Notte dei cristalli  viene indicato il pogrom condotto dai nazisti (SS) nella notte tra il 9 e 10 novembre 1938 in Germania, Austria e Cecoslovacchia.
Si parlò di 7500 negozi ebraici distrutti durante la notte del 10 novembre, di quasi tutte le sinagoghe incendiate o distrutte (secondo i dati ufficiali erano stati 191 i templi ebraici dati alle fiamme, e altri 76 distrutti da atti vandalici). Il numero delle vittime decedute per assassinio o in conseguenza di maltrattamenti, di atti terroristici o di disperazione ammontava a varie centinaia, senza contare i suicidi. Circa 30 000 ebrei furono deportati nei campi di concentramento di Dachau, Buchenwald eSachsenhausen. Relativamente al campo di Dachau, nel giro di due settimane vennero internati oltre 13 000 ebrei; quasi tutti furono liberati nei mesi successivi (anche se oltre 700 persero la vita nel campo), ma solo dopo esser stati privati della maggior parte dei loro beni
La polizia ricevette l'ordine di non intervenire e i vigili del fuoco badavano soltanto che il fuoco non attaccasse anche altri edifici. Tra le poche eccezioni ci fu l'agente Wilhelm Krützfeld che impedì che il fuoco radesse al suolo la Nuova Sinagoga di Berlino, che per la sua azione venne sanzionato internamente.
Nessuno tra i vandali, assassini e incendiari venne processato.
L'origine della definizione "notte dei cristalli", più correttamente "Notte dei cristalli del Reich" è una locuzione di scherno che richiama le vetrine distrutte, fatta circolare da parte nazionalsocialista e diffusa poi anche nella storiografia comune. Dello stesso atteggiamento di beffa nei confronti dei cittadini classificati "ebrei" fa parte anche l'obbligo imposto alle comunità ebraiche di rimborsare il controvalore economico dei danni arrecati.
tratto da Wikipedia


giovedì 19 gennaio 2012

the Creative Arts



Ecco, io sto per fare una cosa nuova: essa sta per germogliare; non la riconoscerete voi?
Si, io aprirò una strada nel deserto, farò scorrere dei fiumi nella solitudine.
Le bestie dei campi, gli sciacalli e gli struzzi mi glorificheranno, perchè avrò dato dell'acqua  al deserto,
dei fiumi alla solitudine per dar da bere al mio popolo, al mio eletto.
Il popolo che mi sono formato pubblicherà le mie lodi. (Isaia 43:19-21)

martedì 17 gennaio 2012

dal Barbiere




Le persone affermano di non credere in Dio perché “non è scientifico” o “perché non ci sono prove”. Il vero motivo è che, quando si ammette che esiste un Dio, ci si deve anche rendere conto di essere responsabili verso di Lui e di avere bisogno del Suo perdono (Romani 3:23; 6:23). Se Dio esiste, allora Gli siamo responsabili delle nostre azioni. Se Dio non esiste, allora possiamo fare tutto quello che ci pare senza doverci preoccupare di un Dio che ci giudica. Io credo che sia questo il motivo per cui l’evoluzione si è radicata così fortemente in molti nella nostra società: perché dà alle persone un’alternativa alla fede in un Dio Creatore. Dio esiste e, in definitiva, lo sanno tutti. Il fatto stesso che alcuni tentino così accanitamente di confutarne l’esistenza è di fatto un’argomentazione in favore della Sua esistenza.

Permettimi un’ultima argomentazione in favore dell’esistenza di Dio. Come faccio a sapere che Dio esiste? Lo so perché Gli parlo quotidianamente. Non Lo sento rispondermi in modo udibile, ma percepisco la Sua presenza, sento la Sua guida, conosco il Suo amore, desidero la Sua grazia. Sono successe delle cose nella mia vita che non hanno altra possibile spiegazione se non quella di Dio, il quale mi ha salvato in modo così miracoloso, cambiandomi la vita, che non posso fare a meno di riconoscerne e lodarne l’esistenza. Nessuna di queste argomentazioni  può persuadere  chi rifiuta di riconoscere quanto è così manifestamente chiaro. In definitiva, l’esistenza di Dio dev’essere accettata per fede (Ebrei 11:6), la quale non è un salto cieco nel buio, ma un passo sicuro in una stanza ben illuminata.

in Falegnameria



Una mattina, prima che il Falegname arrivasse, gli utensili decisero di fare una conferenza per risolvere alcuni problemi che si presentavano spesso durante il lavoro.
Il primo chiamato al banco degli imputati fu Fratello Martello.
Gli fu chiesto di andare via perchè era troppo rumoroso nel suo lavoro.
" Se io devo lasciare la falegnameria, disse lui per difendersi, cosa dire di Sorella Colla? è troppo appiccicosa nei suoi rapporti con gli altri! "
Sorella Colla si alzò in piedi e disse: " Va bene, ma anche Sorella Vite deve andarsene....quando le gira un pò la testa si pianta e non si muove più. "
Sorella Vite allora contattaccò:  " Se volete che me ne vada, va bene, ma anche Fratello Metro deve andarsene, perchè sta sempre a misurare gli altri come se lui fosse l'unico giusto! "
Al che Fratello Metro protestò: " Ve la prendete con me, solo perchè sono preciso nelle mie cose, ma pensate a Sorella Pialla, come lavora sempre superficialmente, senza andare in profondità! "
Colpita nell'orgoglio, Sorella Pialla si difese dicendo: "Anch'io ho qualcosa da dire riguardo un certo Fratello Cartavetrata......è troppo rude ed è impossibile avvicinarsi a lui! "
Nel bel mezzo della discussione, il Falegname di Nazaret entrò, più presto di quanto ci si aspettasse e si mise al lavoro. Indossato il grembiule andò al banco e si accinse a costruire un pulpito. Utilizzò il metro, il martello, la vite, la colla, la pialla e la cartavetrata, insieme a tanti altri utensili da lavoro.
Alla fine della giornata, terminato il pulpito, Fratello Sega si levò ed esclamò: " Fratelli ho l'impressione che siamo stati tutti collaboratori di Dio! "






Vi è mai capitato, nel vostro giro di conoscenze che qualcuno sembrava non svolgere i propri impegni nel modo in cui voi pensavate fosse giusto?
Sarebbe meglio pensarci due volte, prima di criticare o di trovare colpe negli strumenti che Dio usa per portare avanti il Suo Regno sulla terra. Se un giudizio affrettato provocasse la rimozione di uno degli strumenti dal Suo lavoro, chi sarebbe la causa del rallentamento dell'opera di Dio?

venerdì 13 gennaio 2012

i Vasi di Argilla




Il ministero di Porte Aperte ha avuto inizio nel 1955 quando Dio chiamò un giovane olandese ad agire sulla base di Apocalisse 3:2 : "Sii vigilante e rafforza il resto che sta per morire!". Andò in Polonia e scoprì una chiesa sotto minaccia dietro la cortina di ferro, con una disperata nostalgia per la Parola di Dio.
Così Fratello Andrea divenne Smuggler di Dio, riempiendo valigie su valigie di Bibbie per la chiesa perseguitata, di fronte a un grande pericolo, ma determinato a portare incoraggiamento e  speranza. Non ha mai dimenticato le parole di un credente: ". La vostra presenza qui con noi, vale più dei vostri dieci migliori sermoni"
In questo momento milioni di cristiani sono a rischio di persecuzione in tutto il mondo. Open Doors è attiva in oltre 50 paesi, fornendo Bibbie, formazione alla leadership, scrittura a base di programmi di alfabetizzazione e sostegno per i cristiani che soffrono per la loro fede. E vogliamo continuare a incoraggiare la chiesa qui a fare la sua parte: che significa non solo rispondere ai bisogni della chiesa perseguitata, ma anche imparare dalla loro esperienza  cosa significa seguire Gesù.
Porte Aperte si sforza di aumentare la consapevolezza della persecuzione globale, mobilitando la preghiera, il sostegno e l'azione tra i cristiani.
Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo.  Galati 6:2

Gli Scandali




Matteo 18:1-14

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?».  
Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:  
«In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.  
Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.  Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!
Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno.  
E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.
Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. [È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto].
Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? 
Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.  
Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.


martedì 10 gennaio 2012

Boko Haram



NIGERIA
Capitale: ABUJA
Popolazione: 150.000.000
Superficie: 923.768 km2
Lingue: inglese, yoruba, hausa, igbo e altre.
Religioni: musulmani 50%, cristiani (40%), culti tradizionali locali.
Moneta: Naira

 


Di  Anna  Mazzone  09/01/2012

 “Tutti coloro che non sono governati da ciò che Allah ha rivelato sono dei trasgressori”. E’ questa la frase coranica sulla quale il gruppo estremista nigeriano Boko Haram ha costruito la sua ideologia e la sua storia, fatta di sangue e sharia.
Il nome ufficiale del gruppo di estremisti islamici nato in Nigeria nel 2002 (e che è votato alla persecuzione della comunità cristiana del Paese) è Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati wal-Jihad, che letteralmente significa “Popolo impegnato a diffondere gli insegnamenti del Profeta e il Jihad“. Un appellativo troppo lungo, che ben presto a Maiduguri, nel nord della Nigeria, dove il gruppo terroristico affonda le sue radici, è stato abbreviato in Boko Haram. Ossia: “Vietata l’educazione occidentale”.
Pur essendo un gruppo nato da nove anni, i Boko Haram sono frutto di una storia lontana, che inizia nell’Ottocento, quando il nord della Nigeria si chiamava Califfato di Sokoto. Uno dei più grandi imperi d’Africa, frutto di diverse “guerre sante” condotte agli inizi del diciannovesimo secolo in tutta l’area. Il Califfato di Sokoto era il centro di tutte le attività politiche ed economiche della regione, finché non arrivarono i francesi e gli inglesi ai primi del Novecento. E da lì che il jihad, prima interpretato in chiave “locale”, diventa un mezzo di rivalsa contro i colonizzatori occidentali.
A quell’epoca, come forma di protesta, molte famiglie si rifiutarono di mandare i propri figli nelle “scuole occidentali”, e scelsero invece di fargli ricevere l’eucazione di base nelle madrasse. La regione settentrionale della Nigeria, allora come oggi, era caratterizzata da povertà e fame endemiche. L’arrivo degli europei esacerbò notevolmente il clima e portò a numerosi scontri. Ai nostri giorni la situazione della Nigeria del nord non è cambiata. L’area è ancora afflitta dalla povertà e il gruppo Boko Haram si nutre di sentimenti di rabbia e disperazione che, non essendoci più né i francesi né gli inglesi, si indirizzano verso il governo centrale guidato dal presidente Goodluck Jonathan, che è accusato di favorire il sud del Paese, che gode di condizioni più agiate rispetto al nord.
Il gruppo aveva in Mohamed Yusuf la sua guida, almeno fino al 2009, quando il leader venne catturato e dopo un interrogatorio sommario, venne ucciso dalle forze di sicurezza nigeriane. Le immagini della sua morte furono trasmesse in televisione, come monito futuro per i miliziani. Ma la “setta” trovò in fretta un nuovo guru e ripresero gli attentati contro la polizia e le comunità cristiane del Paese. Centinaia di morti (almeno 500) solo nel 2011. Migliaia dall’anno della fondazione del gruppo terroristico, con un’attività che si è intensificata negli ultimi due anni e che ha alzato il tiro verso obiettivi più “visibili” sul palcoscenico internazionale. La strategia è quella classica di ogni nucleo estremista: seminare la paura e poi mieterne i frutti.


La setta non è molto numerosa. Si contano circa 350 miliziani che, in un Paese di 150 milioni di abitanti come la Nigeria, rappresentano una goccia in mezzo al mare. Ma i loro recenti attacchi nel giorno di Natale alla chiesa cristiana di Santa Teresa ad Abuja hanno profondamente colpito la comunità internazionale. Così come era successo il 26 agosto del 2011, quando il gruppo fece un “salto di qualità”, facendo esplodere delle bombe nella sede delle Nazioni Unite della capitale nigeriana. Allora, tutto il mondo si accorse della sua esistenza. Una strategia vincente, dal punto di vista dei Boko Haram.
E, infatti, a fine novembre del 2011 il Congresso americano li definisce “una minaccia emergente” per la sicurezza degli Stati Uniti. Il timore più grande è che gli adepti della setta nigeriana possano unirsi ai fratelli di al Qaeda e attaccare su più fronti. D’altronde, proprio gli Usa hanno avuto un assaggio delle loro possibilità a Natale del 2009, quando il 24enne Umar Farouk Abdulmutallab (di nazionalità nigeriana) tentò di far esplodere il volo Amsterdam-Detroit della compagnia americanaDelta Airlines. Secondo gli analisti statunitensi, i Boko Haram hanno già stabilito legami con altri gruppi qaedisti che operano in Africa, entrando a far parte di una vera e propria rete del terrore con cellule sparse in tutto il Continente.
Recentemente, lo stesso presidente Goodluck Jonathan, che - prima degli attentati di Natale contro i cristiani - aveva aperto alla possibilità di una negoziazione con i miliziani del gruppo, ha annunciato una nuova strategia, ancora più radicale, per eliminare la minaccia nella parte settentrionale del Paese e ha decretato lo stato di emergenza nel Nord della Nigeria. Jonathan ha anche puntato il dito contro alcuni rappresentanti del suo governo, senza però fare nomi. Secondo il capo di Stato nigeriano, ci sarebbero dei simpatizzanti di Boko Haram anche nel suo esecutivo.
Certo è che finora la polizia non è stata tenera con il gruppo. Esecuzioni sommarie, senza processo né certezza di un’affiliazione, sono state riprese e poi diffuse in televisione. I video possono essere trovati su Youtube (li potete visionare qui, ma vi avvertiamo che sono particolarmente cruenti) e hanno scatenato una serie di polemiche ed esacerbato ulteriormente gli animi al nord, dove  in molti si sentono “traditi” dal governo centrale. E’ in questo humus di rabbia e vendetta che il gruppo Boko Haram, inizialmente piccolo ed estremamente localizzato, può gonfiare i suoi muscoli e assurgere a “minaccia” internazionale.
Ora sta a Goodluck Jonathan trovare una soluzione. La strada della risposta dura finora non sembra aver portato molti frutti, e forse una maggiore attenzione alla drammatica condizione del parte settentrionale del Paese potrebbe indebolire i terroristi. In fondo, la gente nel nord della Nigeria chiede pane e non sharia.
La setta islamica è responsabile dei recenti attentati contro i cristiani nel Nord del paese. Nella lotta per il potere la spaccatura religiosa si somma a quella etnico-regionale. Il governo non sembra in grado di fermare la violenza.

In Nigeria le violenze contro la comunità cristiana presente nelle regioni settentrionali, a maggioranza musulmana, si susseguono ormai con una cadenza quasi giornaliera. Dopo gli attentati di Natale, nei quali hanno perso la vita circa quaranta persone, i morti continuano ad aumentare: negli ultimi giorni del 2011 il numero delle vittime era più che raddoppiato, mentre tra mercoledì e sabato della scorsa settimana, nel nord-est del paese, l’esplosione di tre ordigni nella città di Maiduguri - capitale dello Stato di Borno - e almeno altrettanti attacchi contro alcune chiese e un rito funebre hanno ucciso trenta persone.

Gli attentati sono stati rivendicati dal gruppo integralista islamico dei Boko Haram, dopo che lo stesso movimento, con comunicato apparso il 2 gennaio su un quotidiano locale, aveva intimato a tutti i cristiani residenti al Nord di trasferirsi altrove.

domenica 8 gennaio 2012

I Genitori di Gesù










GIUSEPPE
Di Giuseppe viene detto poco nella Bibbia. Egli andò con Maria a Betlemme ed era con lei quando nacque Gesù (Luca 2:4, 16). ed anche quando Gesù fu presentato al Tempio (Luca 2:33);guidò la fuga in Egitto ed il ritorno a Nazaret (Matteo 2:13 - 19:23), conducendo a Gerusalemme Gesù all'età di 12 anni (Luca 2:43, 51). L'unico ulteriore accenno che si ha di lui é che egli era falegname e capo di una famiglia di almeno sette figli (Matteo 13:55,56). Doveva certamente essere un uomo buono ed esemplare per essere stato scelto da Dio ad essere il padre adottivo del Figliuolo di Dio. Morì probabilmente prima dell'inizio del ministerio pubblico di Gesù, benché il linguaggio di Matt. 13:55 e Giov. 6:42 possa far sembrare che egli fosse ancora vivo. Era però certamente morto prima della crocifissione di Gesù, altrimenti mai Gesù avrebbe affidato a Giovanni la cura di Sua madre (Giov. 19:26, 27).


MARIA
Dopo la narrazione della nascita di Gesù e della Sua visita a Gerusalemme, ben poco viene detto a proposito di Maria. Secondo Matt. 13:55, 56 essa fu la madre di altri sei figli oltre a Gesù. Dietro suo suggerimento Gesù mutò l'acqua in vino a Cana e compì il suo primo miracolo (Giov. 2:1, 11). In seguito  viene detto che essa cercò di giungere a lui in mezzo alla folla (Matt. 12:46; Marco 3:31; Luca 8:19) ed in quella occasione le parole di Gesù indicarono chiaramente che i vincoli familiari esistenti non le conferivano alcun privilegio spirituale.

Ella fu presente alla crocifissione e venne affidata da Gesù alle cure di Giovanni e non esiste alcuna narrazione relativa ad una Sua apparizione a lei dopo la resurrezione, benché  egli apparisse a Maria Maddalena. l'ultimo accenno relativo a Maria si ha in Atti 1:14, dove essa è in preghiera con i discepoli.

Questo è tutto ciò che la Scrittura ha da dire su Maria. Delle donne che figurarono nella vita pubblica di Gesù, sembra che Maria Maddalena abbia rivestito una parte più importante della madre di Gesù (Matt. 27:56, 61 ; Marco 15:40, 47 ; Luca 8:2 ; 24:10; Giov. 19:25; 20:1,18.

Maria era una donna silenziosa, meditativa, devota e saggia, la più onorata delle donne, la regina delle madri, partecipe delle preoccupazioni comuni ad esse.

Noi la ammiriamo, la onoriamo, e la amiamo perché  fu la madre del nostro Salvatore, ma non rivolgiamo a lei le nostre preghiere. Noi riteniamo che la ripulsa verso la deificazione di Maria, opera della chiesa cattolica, ha portato il resto del mondo cristiano ad astenersi dal tributarle l'onore dovutole.

Secondo noi la stessa Maria, in cielo, orgogliosa di essere stata la madre del Salvatore, è anche confusa, vergognosa, oppressa ed umiliata di essere l'oggetto di una adorazione idolatrica.

martedì 3 gennaio 2012

Natale nella crisi. Crisi di dignità?


Editoriale da: NEV- Notizie Evangeliche Federazione delle chiese evangeliche in Italia
 di Luca Baratto

Non c'è molta serenità in questo Natale che viene. Se nelle chiese quello d'Avvento è un periodo di attesa, nelle strade delle nostre città non c'è molto ottimismo su ciò che ci aspetta: un prolungamento della crisi che continua a mordere, iniziata come finanziaria, proseguita attaccando gli stati nazionali e l'economia reale ed ora in procinto di trasformarsi in recessione. Il tenore di vita di molti si abbasserà, ma il vero spettro è la perdita di posti di lavoro. Più triste del dover rinunciare a un po' (o a molto) del benessere dato per scontato, è la vista degli operai di Termini Imerese al loro ultimo giorno di lavoro; sono i numeri dei cassintegrati che vivono nella sospensione del lavoro, dei giovani precari e di tutti coloro che risultano impiegati senza per questo essere in grado di guadagnarsi da vivere.

Il protestantesimo ha qualcosa da dire su questa crisi? Non è una domanda peregrina, perché, se non è compito di una teologia o di una chiesa definire un programma economico, è pur vero che la Riforma, e in particolare il suo ramo calvinista, ha sviluppato un'etica del lavoro per cui è giustamente famosa. Chi non conosce (almeno il titolo) dell'opera in cui Max Weber esamina il possibile rapporto tra "L’etica protestante e lo spirito del capitalismo"? Se la domanda è: una sostanziosa iniezione di calvinismo nelle nostre società ci tirerebbe fuori dalla crisi?, la risposta è facile: no! Non c'è bisogno di più calvinismo bensì di una rinnovata etica della dignità umana.

Nel XVI secolo la Riforma, attraverso la sua spiritualità e la sua etica, proprio questo ha voluto fare: affermare la dignità all'essere umano nella sua dimensione secolare, operando così una rivoluzione teologica e culturale. Per i Riformatori l'unico ambito in cui la fede può essere vissuta è l'esistenza quotidiana in tutti i suoi ambiti: nel matrimonio e nella famiglia piuttosto che nel celibato e nella comunità monastica; nell'uguaglianza di tutti i fedeli e non nella loro divisione in chierici e laici; nel vivere il lavoro come l'ambito della propria vocazione cristiana. In questo senso, l'affermazione della dignità umana si situa nel quadro di una società secolare operosa dove ogni persona serve Dio e il prossimo.

Che l'affermazione della dignità umana compaia ogniqualvolta il protestantesimo torni a riflettere sul lavoro è evidente nel Settecento inglese della Prima rivoluzione industriale. In un contesto sociale stravolto dalle nuove fabbriche e davanti a condizioni di lavoro massacranti che rendevano impossibile affermare il lavoro come vocazione, il nascente movimento metodista, guidato da John Wesley, portò una predicazione diversa da quella calvinista, insistendo sul concetto di conversione: cioè sul fatto che è possibile cambiare, uscire dall'abbrutimento delle fabbriche e degli slums – i luridi tuguri urbani in cui vivevano gli operai -, riprendendo in mano le redini della propria vita. Una predicazione credibile perché non pronunciata nelle chiese ma nelle piazze e nei luoghi di lavoro.

Non diversamente operò il movimento del Social Gospel negli Stati Uniti di fine Ottocento e inizio Novecento, quando, dopo la guerra di secessione, si affermò il modello industriale degli stati del nord vittoriosi su quelli schiavisti del sud. Questo non evitò l'affermarsi di nuove schiavitù a danno degli operai e delle loro famiglie. Il Social Gospel propose una predicazione basata sull'annuncio del Regno di Dio e della sua giustizia, di cui l'equità sociale è parte integrante. Il Social Gospel si oppose anche a un'altra teologia nata all'interno del protestantesimo: il cosiddetto "vangelo della ricchezza" che dava per scontata e, anzi, incoraggiava la diseguaglianza sociale come mezzo per produrre benessere; la questione etica riguardava solamente l'uso che i ricchi facevano del proprio denaro. Anche in questo caso, l'uso del denaro è importante ma secondario; primaria è l'affermazione della dignità umana.

Allora, è giusto rendere i licenziamenti più facili? A che età si dovrebbe andare in pensione? Su questi temi ognuno può avere le proprie idee. Il protestantesimo, però, storicamente ha questo da dire: ogni provvedimento, ogni decisione, ogni prospettiva abbia come fine la dignità dell'essere umano. Perché parlare di lavoro significa prima di tutto parlare di questo, e null'altro. Quale dignità offre la frammentazione e la precarizzazione del lavoro? Quale società si pensa di costruire se non si offre alle nuove generazioni la possibilità di un lavoro stabile su cui progettare la propria vita? Se le macchine hanno sostituito molto del lavoro umano, oggi i lavoratori sembrano essere considerati come macchine loro stessi, relegando in secondo piano bisogni, diritti, aspirazioni. Forse questo è il peccato capitale della nostra civilizzazione occidentale: la reificazione, la trasformazione in oggetti degli esseri viventi. Come scriveva un pensatore molto critico verso la modernità come C. S. Lewis – e per questo criticabile e contestabile sotto molti aspetti – il fine ultimo della nostra civiltà sembra essere "l'abolizione dell'essere umano".

Dunque, dignità è la parola che va ripetuta e affermata, ma soprattutto, per non ripeterla vanamente, che va articolata in un nuovo pensiero e in una nuova predicazione. Una sfida e una missione che il protestantesimo dei secoli passati ha saputo assumere e affrontare. Ci riuscirà anche oggi? E' una domanda tutt'altro che peregrina o retorica. Riusciremo a cogliere il nesso profondo tra l'evangelo e il nostro mondo, tanto da riuscire a pronunciare parole di verità? Ma anche: riusciremo a farci ascoltare? I Riformatori, i metodisti del Settecento, i predicatori del Social Gospel erano ascoltati, avevano un pubblico che ne riteneva le opinioni rilevanti. Oggi i dibattiti sono aperti solo agli economisti, come se nessun altro avesse parole significative da pronunciare. Trovare una breccia per far udire la nostra voce non sarà facile.