Io odio, disprezzo le vostre feste, non prendo piacere nelle vostre assemblee solenni. Se mi offrite i vostri olocausti e le vostre offerte, io non le gradisco; e non tengo conto delle bestie grasse che mi offrite in sacrifici di riconoscenza. Allontana da me il rumore dei tuoi canti! Non voglio più sentire il suono delle tue cetre! Scorra piuttosto il diritto come acqua e la giustizia come un torrente perenne!
Sermone
Sorelle e fratelli, se io chiedessi a ciascuno di voi, il motivo per il quale siamo oggi riuniti qui, sono sicura che la risposta sarebbe: “Per rendere un culto a Dio” e se io vi dicessi che Dio non solo non gradisce ma addirittura odia, disprezza le nostre assemblee, non vuole più ascoltare i nostri canti, il suono dell’organo, le nostre preghiere, non tiene conto delle nostre offerte, ci respinge, gira il suo volto da un’altra parte…come ci rimarreste? Ovviamente male, molto male ! Resteremmo tutti sorpresi, sconvolti, disorientati da un Dio al quale cerchiamo di offrire un culto e che invece lancia verso di noi espressioni  pesanti come macigni:” Io odio, disprezzo, non gradisco” E’come se Dio ci dicesse: ” Io non voglio né vedervi, né sentirvi, sparite dalla mia vista!”
Pensate se all’improvviso, durante un nostro culto, entrasse Dio e dicesse: Alt! Fermatevi! Non sopporto più le vostre parole ed i vostri canti, per me sono solo rumori; che si fermi l’organo, che taccia il predicatore! Ma che state facendo?  E’ un culto per me? No grazie, io non lo gradisco, sospendetelo subito”.

Ma come è possibile che il nostro Dio, un Dio che è amore, misericordia, accoglienza, pazienza, compassione… ci respinga a tal punto? “ Io odio, disprezzo le vostre assemblee” dice Dio, perché voi non praticate il diritto e la giustizia, queste sono le cose più importanti per me, tutto il resto non conta, è soltanto frastuono, confusione.
Il testo sottoposto oggi alla nostra attenzione dal lezionario “Un giorno, una parola” si trova nel libro del profeta Amos ed è di un’attualità sconvolgente perché parla di diritto e giustizia in un mondo dove si è smarrito il senso di queste due parole ! Come possiamo infatti oggi, parlare di diritto e giustizia ai nostri giovani ai quali è negato il diritto allo studio prima ed al lavoro dopo? Come è possibile parlare di diritto e giustizia ai nostri anziani ai quali è negato il diritto ad una vecchiaia dignitosa, il diritto a sopravvivere? Come parlare di diritto e giustizia a tutti coloro che sono vittime delle ingiustizie, dei soprusi, degli abusi da parte dei più forti, dei più potenti? Quale giustizia viene resa alle donne violentate, quale diritto all’infanzia per i bambini soldato, per le prostitute bambine, per tutti quei bambini usati per svolgere lavori pesanti? Quali parole usare per parlare di diritto e giustizia  agli immigrati ai quali si nega il diritto di cittadinanza?
Giustizia! Parlare di giustizia oggi! “ La legge è uguale per tutti “ è scritto nelle aule dei tribunali, ma è proprio lì invece che la legge spesso non è uguale per tutti! Amos denuncia il fatto che ai giudici veniva offerto del denaro e ciò favoriva i ricchi ed i potenti mentre al povero, che non poteva pagare, non era neppure concessa un’udienza. Anche oggi nei processi, chi riesce ad uscirne indenne, talvolta non è l’innocente ma la persona facoltosa che ha tanto denaro da pagare i migliori avvocati, molto abili nel  capovolgere le situazioni a favore del proprio cliente, sovvertendo  il diritto e la giustizia. “Odiate il male, amate il bene” ammonisce ancora il profeta Amos in alcuni versetti precedenti “e nei tribunali stabilite saldamente il diritto” (Amos 5,15 a ).
Il profeta si scaglia contro coloro che partecipavano al culto solo per accrescere la propria reputazione, per autocompiacimento; il culto era diventato un’assemblea ricca di canti, sacrifici, feste e niente di più, una liturgia che si scollava da tutto il resto, una funzione religiosa avulsa da una vita radicata nella  ubbidienza a Dio. Quando un luogo sacro è tutto un vortice di attività, ed i poveri, i deboli continuano ad essere ignorati, allora non ha più senso: è pura religiosità non gradita a Dio.
Sorelle e fratelli, quello a cui accenna il profeta Amos, è il rischio che oggi corriamo, il rischio che corrono quasi tutte le chiese di qualsiasi denominazione, il rischio che il  culto divenga soltanto una riunione che piace più a noi che a Dio, un’assemblea di persone che cantano, pregano, leggono la Scrittura ma che poi non rispettano il diritto e la giustizia creando una vera e propria dicotomia tra vita cultuale e vita sociale. Il credente non può avere due vite parallele una dentro il tempio e l’altra fuori di esso!
Tanti anni addietro, quando lavoravo, sia a me che ai colleghi e le colleghe, veniva raccomandato di lasciare fuori del cancello d’ingresso tutti i  problemi personali; ma se questa era una raccomandazione valida perché aveva una sua motivazione, non è ugualmente valida quando varchiamo l’uscio del tempio! Quando entriamo in Chiesa, dobbiamo necessariamente portare dentro non solo i nostri problemi ma anche quelli del nostro prossimo e quando usciamo dobbiamo necessariamente portare fuori la Parola, concretizzare la nostra fede con l’attenzione agli ultimi, ai più deboli, agli indifesi, dobbiamo portare al mondo diritto e giustizia.
Il privilegiare diritto e giustizia è amore, l’amore per il prossimo, per l’orfano, la vedova, lo straniero, l’amore cioè verso le categorie svantaggiate di quei tempi: l’orfano che non ha genitori, la vedova senza marito e lo straniero senza terra; persone senza potere, persone che occupavano i più bassi gradini della scala sociale, gente senza voce, senza diritti come oggi lo sono nella nostra società, il disoccupato, il senza tetto, il carcerato, lo psicolabile ecc. L’amore per il prossimo! “Ama il tuo prossimo come te stesso” è il secondo grande comandamento che insieme al primo “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Matteo 22, 37) racchiude tutto l’evangelo, tutto ciò che Dio esige da noi.
L’amore, il grande protagonista dell’inno all’agàpe della prima lettera ai Corinzi (1Corinzi 13) : “Se  parlassi le lingue degli uomini e degli angeli… se avessi il dono di profezia… tutta la fede in modo da spostare i monti… ma non avessi amore, non sarei nulla” .
Care sorelle e fratelli, se nelle Chiese i culti fossero organizzati al meglio, se le corali fossero composte da numerosi elementi, se i lettori avessero studiato dizione, gli organisti suonassero in maniera magistrale, i sermoni fossero i più belli mai ascoltati, le offerte generose... se  poi non si pratica il diritto e la giustizia, si corre  il rischio al quale accennavo all’inizio del sermone: Dio non ci vuole più ascoltare!
In particolare, se consideriamo  il nostro culto, grazie ai  pastori e a quei fratelli e quelle sorelle, che negli anni hanno dato il loro contributo, possiamo dire che è diventato un “ bel culto”. Oggi abbiamo una liturgia ricca, un avvicendarsi di lettori/trici, una serie di responsori, due raccolte di canti, 2 corali, abbiamo un foglietto liturgico curato nei minimi particolari che ha riscosso tanti apprezzamenti nell’ambito di alcune delle nostre comunità.
Tutto sembra bellissimo, coinvolgente dall’inizio alla fine, ma  tutto ciò cosa produce dopo che  varchiamo l’uscio del tempio? 
Di tutto ciò cosa è importante per il nostro Signore se non viene poi supportato da una vita che predilige il diritto e la giustizia, da una vita vissuta alla luce dell’evangelo, priva di superficialità e formalismo? Che senso ha, care sorelle, cari fratelli, leggere una confessione di fede come quella che abbiamo letta oggi “Voglio credere che l’ordine della forza e dell’ingiustizia è un disordine” quando non ci adoperiamo con le nostre scelte di campo per un mondo migliore? “Voglio credere che il diritto è uno tanto qui che altrove e che non sono libero finché un solo essere umano è schiavo” quando non riusciamo ad alzare un dito di fronte ad una ingiustizia o ad un diritto negato ?
Non basta ripetere a parole di essere schierati a favore del diritto e della giustizia, bisogna prima di tutto crederci e poi adoperarsi affinché “scorra il diritto come acqua e la giustizia come un torrente perenne” (Amos 5, 24)
Questo versetto del profeta Amos è riportato sul muro esterno di una sinagoga di Saint Paul sul Mississippi dove si può cogliere un nesso tra il senso delle parole e lo scorrere impetuoso di quel fiume ed è lo stesso versetto citato da M.L.King il 28 agosto del’63 alla fine di una marcia per i diritti civili, al Lincoln Memorial a Washington, durante quel sermone divenuto poi famosissimo ” I have a dream ” nel quale il pastore battista diceva:
“Non siamo ancora soddisfatti e non lo saremo finché il diritto non scorrerà come l’acqua e la giustizia come un torrente perenne”
Care sorelle, cari fratelli, neppure noi oggi, possiamo ritenerci soddisfatti dal modo in cui vanno le cose nel nostro mondo ed è per questo che dobbiamo adoperarci ciascuno nel nostro piccolo, nel nostro quotidiano, affinché qualcosa cambi; noi possiamo con un gesto, una parola, una firma, schierarci a favore del diritto e della giustizia.
Spesso non c’è bisogno di imprese faraoniche, di gesti spettacolari, Dio non ci chiede azioni più grandi di noi, sforzi sovrumani; sappiamo che tante gocce formano un oceano e ciascuno di noi può essere la goccia che si unisce a tutte le altre. Amen!
tratto dal sito della Chiesa Evangelica Valdese di Palermo